Tutto ebbe inizio con una tartare

Era triste, chiuso in se stesso, uno di quelli che incontri per caso, mentre prepari una tartare qualsiasi in un Capodanno non qualsiasi. Ne incroci lo sguardo perso, di uno che non sa perché è lì alla tua tavola. Tu sorridi, lo osservi, vorresti parlargli, ma non ti ascolterebbe, vorresti dirgli che il suo futuro potrebbe essere migliore di quel che pensa, che era necessario che abbandonasse il nido materno, ma non hai ancora quella confidenza che ti permette di dire una frase simile senza passare per arrogante. Ti ci siedi accanto mentre prepari una sorta di tartare con salmone e avocado, lui non parla, e ci credo, perché nemmeno io mi parlerei mentre impugno un coltello di ceramica. Lui non sa che il mio nervosismo è dato dalla mia incapacità di creare piccoli pezzi regolari, nervosa e coltello munita, no, è chiaro, anche io farei finta di non vedermi.

La mattina dopo ci svegliamo tardi, lui è in cucina, sul tavolo i resti di un festeggiamento pacato, sulle sobrie note di Malgioglio, con qualche accenno a Raffaella.  Le note di Maracaibo risuonano in testa, provo a farmi un caffè cercando di darmi un contegno, mentre in realtà tengo il tempo “sculettando” con la stessa seducente naturalezza di un Corgi. Lo guardo, mi guarda impassibile, gli sorrido. 

Il giorno dopo gli spieghiamo che può stare da noi, che abbiamo trovato un posto dove puo’ stare fino a che non troviamo una soluzione adatta, ma che comunque al momento è quello che secondo noi gli serve. 

E’ timido, non capiamo se gli va bene l’idea, per cui decidiamo di trafiggerlo a croce e di metterlo a dimora, un rituale che ancora non mi è chiaro, ma pare debba essere così, sarà una sorta di Cerimonia di iniziazione, avrà pensato. Secondo me avrà pensato anche “che cul, pensa se non gli fossi stato simpatico”.

Per 1 mese è rimasto lì impassibile, nonostante le nostre cure e il nostro quotidiano impegno nel farlo sentire a proprio agio. 

Il secondo mese di convivenza ha mostrato una dote così evidente, che scherzosamente lo chiamavamo Rocco.

Dopo tre mesi non ce la facevo più, ok le doti, ok tutto, ma non poteva continuare a rimanere chiuso in se stesso, mi sono quindi fatta coraggio e una mattina l’ho invitato al tavolo con me, gli ho spiegato che non è in questo modo che avrebbe potuto migliorare la sua situazione, che era necessario un approccio diverso, quindi gli ho sistemato i suoi spazi, gli ho dato più luce… un posto autorevole, e dopo solo 2 giorni abbiamo notato subito un cambiamento. Io lo sapevo, dovevo solo parlarci e capire le sue esigenze. Gli ho detto che può stare in cucina con me, non voglio si senta solo, sta migliorando a vista d’occhio. 

A voi tutti (e 2-3 che per sbaglio inciampate nel blog) voglio presentare…AVOGADRO! il seme di Avocado più amato del 2021.